Alla vigilia della presentazione della strategia Farm to fork, undici organizzazioni del settore agricolo si rivolgono alla Commissione europea per ricordare il loro apporto alla sostenibilità. Tra queste anche Fefac, la Federazione dei Produttori europei di mangimi. La zootecnia è pronta a sposare il progetto comune ma sottolinea i progressi già raggiunti dal settore in termini di riduzione dell’impatto ambientale, l’importanza dei prodotti di origine animale in una dieta equilibrata e i meriti dei sistemi produttivi.
Un approccio basato su evidenze scientifiche, fatti oggettivi e su un insieme di norme relative a benessere, salute e sicurezza. Uno sforzo collettivo, di tutti gli attori della filiera e ulteriori investimenti per la zootecnia. Solo con questi ingredienti, e con lo sforzo di tutti gli stakeholders della filiera, Farm to fork potrà avere successo.
Verso un’Europa più verde
La strategia è parte integrante del Green Deal europeo, il Patto per il clima con cui la Commissione europea punta a emissioni zero entro il 2050. L’obiettivo è assicurare una produzione di cibo nutriente, di qualità e sicuro con il minor impatto possibile sull’ambiente. In questo modo anche il settore agroalimentare farà la sua parte per affrontare i cambiamenti climatici e proteggere l’ambiente.
L’auspicio è che la sostenibilità sia vista secondo la definizione della Fao, che include gli aspetti economici. La zootecnia – si legge nella lettera inviata dalle undici organizzazioni alla Commissione – supporta questa nuova strategia ma al contempo chiede che prenda in considerazione le specificità e le risorse proprie della zootecnia. Grazie a queste proprietà, negli anni scorsi, la zootecnia ha potuto volgere la propria attività alla difesa dell’ambiente.
Basti pensare che il settore zootecnico sfrutta in larga parte suolo che non è utilizzabile per la coltivazione di cereali, soprattutto pascolo, proteggendolo dall’erosione e preservando la biodiversità. O che la produzione zootecnica contribuisce all’economia circolare, fornisce numerosi co-prodotti oltre a carne, uova, pesce, latte e derivati, o che ha già raggiunto un importante traguardo nella riduzione delle emissioni di gas serra sotto il 6% di quelle totali dell’Ue. Per non parlare del contributo all’economia del continente, con un giro d’affari di 168 miliardi di euro l’anno, con 4 milioni di persone direttamente impiegate e supportando l’attività di altre 30 milioni di lavoratori soprattutto nelle aree rurali.
Una dieta bilanciata non può escludere cibi d’origine animale
Le organizzazioni si rivolgono ai commissari anche affinché ci sia un pieno riconoscimento della sicurezza alimentare e dei mangimi come parte essenziale della sostenibilità nel quadro giuridico dell’Ue; che siano definiti sistemi di misurazione condivisi per la valutazione d’impatto; che sia riconosciuta la varietà dei diversi sistemi di allevamento in Europa e che gli indicatori di performance, ad esempio gli obiettivi di riduzione, siano orientati all’impatto.
Ancora, i firmatari della lettera chiedono di promuovere con maggiore impegno l’informazione sugli aspetti nutrizionali dei prodotti animali, evitando approcci semplicistici, e ricordando che la sostenibilità richiede anche un’evoluzione delle pratiche di consumo, dalla conservazione alla preparazione dei cibi fino alla riduzione dello spreco alimentare.
Infine, l’indicazione è di fare in modo che ogni nuova proposta legislativa sulla sostenibilità in campo alimentare sia valutata attentamente in modo tale da non indebolire gli standard esistenti relativi alla salute animale e alla sicurezza dei prodotti alimentari e dei mangimi.
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